Terapie per la sordità dei bambini a Quartu Sant'Elena

Il percorso diagnostico che segue il sospetto di sordità emerso con lo screening neonatale è finalizzato all’instaurazione precoce di una terapia che, consentendo nei primi mesi di vita il raggiungimento di una buona percezione uditiva, permette al neonato l’acquisizione del linguaggio.
Il sospetto di sordità neonatale determinato dalla positività dei test di screening (otoemissioni acustiche e AABR) deve essere confermato con una diagnosi precisa che sia in grado di individuare la soglia uditiva del paziente in esame.

La diagnosi di sordità e la determinazione della sua entità si ottengono con una batteria di metodiche diagnostiche rappresentate dall’esame ABR, dall’elettrococleografia quando necessaria e dall’audiometria comportamentale (sfrutta i riflessi condizionati) la cui metodica è determinata in base all’età e allo stato maturativo del soggetto in esame e dall’impedenzometria.
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La protesizzazione acustica

La determinazione della soglia uditiva, indispensabile per un corretto approccio terapeutico, si ottiene grazie alla valutazione complessiva dei test somministrati, ciascuno dei quali esamina un determinato range di frequenze. 

L’ABR studia le frequenze da 2 a 4 Khz, l’audiometria comportamentale le frequenze gravi e medie (0,25-1 Khz).
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    La protesizzazione acustica rappresenta la prima, indispensabile scelta terapeutica, in quanto amplificando il messaggio sonoro consente il raggiungimento di una buona percezione uditiva.

     

    Le sordità che dovranno essere trattate precocemente sono quelle moderate, severe e profonde. È fondamentale e indispensabile che il piccolo paziente sia messo nelle condizioni di avere una buona percezione uditiva nei primi 3 anni di vita. In questa fascia d’età è massima la plasticità cerebrale per una adeguata acquisizione del linguaggio. 

    La protesizzazione acustica deve essere instaurata più precocemente possibile (entro il primo anno di vita).

     

    Alla protesizzazione acustica deve essere affiancato un iter riabilitativo logopedico. Si avvia pertanto un percorso “longitudinale” che richiede, da parte degli operatori (audiologo, audioprotesista, logopedista) una periodica verifica di efficacia. In particolare l’audiologo, con la periodica ripetizione dei test diagnostici citati, dovrà verificare la soglia uditiva, l’audioprotesista il buon andamento della protesizzazione acustica e il logopedista la corretta progressione nell’acquisizione del linguaggio.

L’impianto cocleare

Dopo alcuni mesi il team dovrà valutare se la protesizzazione acustica è sufficiente per garantire una buona percezione uditiva. In caso di accertata efficacia, l’iter proseguirà per gli anni successivi. In caso di inefficacia si porrà indicazione per l’Impianto cocleare. 

L’impianto cocleare è una procedura complessa che, preceduta da una accurata fase di selezione, consiste nell’applicazione chirurgica di un dispositivo, vero e proprio organo artificiale che, sostituendosi alle cellule ciliate della coclea, stimola elettricamente le fibre del nervo acustico. 
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    Esso pertanto fornisce alla corteccia uditiva le informazioni necessarie per il corretto sviluppo del sistema uditivo centrale e, di conseguenza, l’acquisizione del linguaggio. 

    Non può quindi sostituirsi al nervo acustico e alla corteccia uditiva che devono essere integri. 


    La procedura è il frutto di un lavoro di équipe in cui i singoli componenti, particolarmente qualificati (chirurgo, audiologo, logopedista e psicologo) collaborano, interagendo e discutendo, caso per caso, le migliori scelte e strategie da adottare.

     

    All’intervento chirurgico devono obbligatoriamente seguire la riabilitazione logopedica e il periodico mappaggio dell’impianto. Il mappaggio consiste in una sorta di “taratura” del dispositivo la cui funzione deve essere regolata in base alle risposte del paziente. In tutta la procedura è importantissimo il coinvolgimento del Pediatra di base e dei familiari che supportano il paziente nel suo percorso e si pongono come tramite fra lo stesso e gli operatori. 


    È importante, quando necessario, il supporto psicologico offerto al paziente e ai suoi familiari nel superamento delle difficoltà che la procedura inevitabilmente comporta. L’interazione fra le figure coinvolte dura per anni e accompagna il bambino nel suo percorso terapeutico fino al raggiungimento del risultato.

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